Secondo gli analisti, nei prossimi anni in Turchia si consolidera' un trend: quello di veicolare massicci investimenti dall' estero (in particolare dall' Italia), che creeranno lavoro e opportunita' , grazie a una tassazione agevolata per le imprese.
E gia' si moltiplicano le iniziative industriali con il nuovo stabilimento della Ferrero di Manisa, mentre alla Fiat di Bursa, Sergio Marchionne disloca l? assemblaggio dei "Doblo" cargo per il mercato statunitense.
Se l' occupazione in Europa si contrae sotto i colpi della recessione e gli Usa provano a risalire la china, ma con fatica, la Turchia, guidata di RecepTayyp Erdogan (al suo terzo mandato consecutivo), si conferma vero traino economico (e di forza-lavoro) sull' onda di un boom a corto raggio dal vecchio continente. "La Turchia diventera' meta privilegiata per gli investimenti italiani...".
Non ha dubbi il console Igor Di Bernardino, rimarcando la politica fiscale soft che ha favorito l? ingresso di ben 825 imprese italiane in territorio turco. Non solo Fiat e Ferrero ma Pirelli, Unicredit (con YapiKredi),Italcementi, hanno consolidato le loro attivita' con cospicui capitali che sono sfuggiti all' Italia, per annose questioni legate alla pressione fiscale e costo del lavoro. Altre aziende - Agusta Westland, Ansaldo Breda, Ansaldo Sts, del gruppo Finmeccanica, Astaldi, Mer Mec - hanno conseguito, negli ultimi anni, notevoli commesse in settori chiave per le infrastrutture civili e la difesa.
Cointeressati a questa impressionante escalation neo - imprenditoriale una nuova classe dirigente turca, espressione della migliore borghesia proveniente dall' Anatolia e da citta' in continuo fermento come Konya, Kaysersy, Samsun, tessuti sociali che si sono rivelati cruciali nei suffragi a ripetizione del primo ministro Erdogan.